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Acciaierie di Piombino

Arezzo 1897 - 2014

Nasceva nel 1864, per iniziativa di Alfred Novello con i soci Jacopo Bozza, Auguste Ponsard e Alessandro Gigli, la "Magona d'Italia", la prima fabbrica italiana dotata, oltre che di un altoforno a carbone di legna, di un convertitore "Bessemer", macchina in grado di produrre acciaio partendo dalla ghisa liquida. Quando l'impresa entrò in crisi, per cessare nel 1866, i soci si divisero e il milanese Jacopo Bozza fondò la ferriera "Officine Perseveranza" che, nel 1872 si costituì come società anonima, anche con l'appoggio di alcune banche straniere. Nel 1875 Bozza lasciava la Perseveranza per una nuova avventura imprenditoriale e il "Credito Mobiliare Italiano" assumeva la gestione della ferriera, trasformandone il nome in "Stabilimento Metallurgico di Piombino"; in quel momento il direttore tecnico è l'ingegner Dainelli, che vi impianta un forno "Martin -Siemens", che utilizzava ghisa e rottame, come facevano le fucine della concorrente "Ferriere Italiane" di San Giovanni in Valdarno. In quegli anni, la popolazione operaia era di 110 unità, in rapporto eguale tra civili e detenuti. Tra il 1882 e il 1889 lo stabilimento si ammodernò e ottenne l'autorizzazione per costruire un collegamento ferroviario tra Piombino e la stazione di Campiglia Marittima. Il numero degli operai raddoppiava e in proporzione aumentavano i piombinesi.
Nel 1897 sorse la "Altiforni e fonderia di Piombino Spa" costituitasi a Firenze con atto del 19 gennaio; nel 1902 passerà sotto il controllo della famiglia Bondi che, nel 1905, sotto la direzione di Max Bondi e Giorgio Olivetti, ne fece il primo impianto italiano a ciclo integrale: dal minerale al prodotto finito (barre, billette, travi, rotaie); fu così che la "Altiforni di Piombino" divenne uno dei principali produttori d'acciaio d'Italia.
Dal 1908 in poi, mentre lo stabilimento di Piombino produceva le prime rotaie ferroviarie e di pari passo si sviluppavano le strade ferrate italiane, iniziava la stagione dei grandi scioperi per le controversie tra lavoratori ed azienda, motivate da difficili condizioni di lavoro, d'orario e l'esiguità dei salari.
Intanto, grazie al finanziamento dei gruppi siderurgici nazionali da parte dello Stato italiano, anche la Magona d'Italia riprendeva la produzione che aveva cessato nel 1866, indirizzandola esclusivamente alle bande stagnate e, nel 1899, si costituiva la anonima "Elba" a Portoferraio, dotata di un altoforno a carbon fossile in cui si produrrà la prima colata italiana di ghisa al coke.
Nel 1909 la "Altiforni e fonderia di Piombino Spa" mutò la ragione sociale in "Società anonima Altiforni, fonderie e acciaierie di Piombino" e nel 1911 confluì con altre società nella "Società anonima Ilva", poi, dal 1918 divenne "Ilva-Altiforni e acciaierie d'Italia".
Finita la guerra, gli effetti della crisi ridussero l'attività fino alla sospensione nel 1921, con il tracollo finanziario della famiglia Bondi che lasciò gli impianti Ilva, tra cui quello di Piombino, nelle mani delle banche, e fu così che la Banca Commerciale Italiana pose a direzione dell'Ilva il senatore Arturo Bocciardo.o
In coincidenza con la crisi mondiale e bancaria, nel 1936 lo stabilimento della Altiforni passò sotto il controllo dell'Iri; nel 1937, venne inserito nella Finsider, società finanziaria creata dal fascismo per avviare nuovi programmi di sviluppo della siderurgia italiana; su indirizzo di tecnici come Agostino Rocca e Oscar Sinigaglia riprese l'interesse per gli impianti a ciclo integrale, e quello di Piombino attirò finanziamenti per la ristrutturazione e l'ampliamento della propria capacità produttiva. Ma nel 1943 il controllo dello stabilimento passò alle autorità militari tedesche che, nel 1944, minarono e fecero saltare tutta la zona; si salvò solo la vecchia centrale elettrica che costituì poi la base per la ricostruzione.
In meno di 10 anni lo stabilimento riprese vita ed gli impianti indirizzati verso la produzione di profilati pesanti, oltre che di rotaie ferroviarie; la produzione arrivò a un milione di tonnellate l'anno e il personale a circa 2500 unità; gli operai piombinesi negli anni Cinquanta furono anche protagonisti di agitazioni sindacali che li resero simbolo della lotta di classe nel Paese.
Nel 1961, a seguito della fusione societaria tra Ilva di Piombino e stabilimento di Cornigliano in Italsider, con la denominazione "Italsider Altiforni e Acciaierie riunite Ilva e Cornigliano Spa", l'acciaieria arriva ad occupare quasi 6000 persone. Lo stabilimento di Piombino diventa così un'unità produttiva del più grande complesso siderurgico nazionale; viene investito molto nella specializzazione del personale e nell'ammodernamento tecnologico. Dal 1965 alla fine degli anni '80 lo stabilimento passò sotto l'egida di svariate società: "Acciaierie di Piombino Spa" (costituita con atto del 16 luglio 1971 con Fiat e Finsider azionisti in parti eguali) che dal 6 settembre 1978 passò nella quasi totalità al gruppo Iri-Finsider (99,2%), rimanendo così minime le quote degli altri due gruppi; la "Deltasider Spa" che si dividerà in "Nuova Deltasider" ed infine l'"Ilva Spa".
La punta massima di dipendenti dello stabilimento piombinese è stata nel febbraio del 1981 con 7823 unità, ma nel 1984 appare la prima cassa integrazione e il numero dei lavoratori scende a 4000.
Nel 1991 l'Ilva presentò un progetto di riassetto della siderurgia pubblica che prevedeva la liberazione e la bonifica del territorio del vecchio stabilimento, la ricostruzione dell'area produttiva con impianti all'avanguardia per la tutela dell'ambiente. Il piano non fu realizzato per la difficoltà di reperire i finanziamenti e per l'opacità della situazione economico-politica italiana.
Lo stabilimento rimase di proprietà statale fino al 12 dicembre 1992, quando fu scorporato dall'Ilva e conferito alla nuova società per azioni "Acciaierie e Ferriere di Piombino", ceduta poi al gruppo della famiglia bresciana Lucchini, per diventare nel 1995 "Lucchini Siderurgica" e nel 1998 "Lucchini Spa". Nel 2003, la "Lucchini Spa" si trasformò in una holding finanziaria e l'unità operativa di Piombino divenne società con la denominazione "Lucchini Piombino spa", con un piano industriale che prevedeva nel periodo 2004-2008 la riqualificazione del sito industriale. Nel 2005 il 60% del gruppo Lucchini passava ad uno dei più grossi gruppi siderurgici al mondo, il russo "Severstal"; la famiglia Lucchini si concentrava sul business ferroviario fino a quando, nel 2010, la Severstal acquisiva le rimanenti quote del gruppo Lucchini ancora in mano alla famiglia. Dunque, nonostante la quasi omonimia tra "Lucchini Spa" e "Lucchini RS Spa" (ex Lucchini Sidermeccanica S.p.A. e dove l'acronimo "RS" sta per Rolling Stock, cioè materiale rotabile), la proprietà venne totalmente distinta.
Negli anni successivi alla formale uscita della famiglia Lucchini dalle sorti dello stabilimento piombinese, la maggiore quota della Lucchini Spa è stata dapprima ceduta a una società cipriota facente capo al russo proprietario della Severstal, Mordashov, mentre il restante 49% rimaneva di proprietà Severstal; poi, a causa della crisi finanziaria e industriale, nel 2011 il gruppo Lucchini vendeva le proprie quote per recuperare la cifra necessaria al piano di ristrutturazione, omologato a febbraio 2012 dal Tribunale di Milano. La fabbrica veniva tenuta in vita mentre si cercava un compratore, ma a fine anno la società veniva ammessa all'amministrazione straordinaria e il Ministero dello sviluppo economico nominava Commissario Piero Nardi. Il 7 gennaio 2013 il Tribunale di Livorno dichiarava lo stato di insolvenza di Lucchini Spa; dopo l'accordo di programma per la riqualificazione del polo siderurgico siglato dall'azienda con la Regione Toscana e il Governo, il 24 aprile 2014, alle ore 10.56, l'altoforno ha prodotto l'ultima colata ed è stato spento.
Il 25 novembre 2014 il gruppo algerino "Cevital" si è aggiudicato il bando per le voci attive di bilancio dell'acciaieria Lucchini e il 3 giugno 2015, presso il Comune di Piombino, alla presenza del Ministro dello sviluppo economico e delle istituzioni locali, Cevital e i sindacati firmavano l'accordo sindacale che dava il via libera alla vendita dello stabilimento, avvenuta il 1º luglio 2015, quando venne costituita "AFerPi Spa" (Acciaierie e Ferriere Piombino); il 1° gennaio 2016 nasceva "Piombino Logistics Spa", società di Aferpi che ad oggi occupa l'area dei reparti "Ima" (Impianti Marittimi), "AFO4" (Altoforno4), "PRE" (Parchi), "COK" (Cokeria). Il piano del gruppo algerino riguardava una riconversione della siderurgia, un settore alimentare e uno logistico, e di dare occupazione agli oltre duemila addetti rilevati dalla procedura di amministrazione straordinaria e oggi in solidarietà. Il ripristino dell'area a caldo con l'avvio di un nuovo forno elettrico non è stato supportato da risorse finanziarie e l'intero piano è rimasto sulla carta.

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