Tra barene e tegnùe: L'unicità e la magia della laguna e del mare veneto
Nel 1987 l'Unesco ha dichiarato Venezia e la sua laguna patrimonio dell'umanità. Un ambiente delicato e fragile, un equilibrio tra forze naturali ed umane.
Le acque della laguna scivolano tra terreni piatti e pantanosi: le barene, su cui vivono giunchi, salicornie e il limonio, e le velme, i fondali che affiorano durante le basse maree, su cui nidificano gli uccelli.
Nel 1792 l'abate Cristoforo Tentori nella sua "Della legislazione sulla preservazione della laguna", suggeriva il "dirozzamento" delle Barene per salvaguardare la laguna: "Avverrà allora, che essa si conserverà feconda di limpide acque, commoda alla navigazione, di grato aspetto all'occhio, e che le smisurate Barene, e li Paludi, percossi ora dal Sole per la lor elevatezza, profondati sotto le acque non esaleranno que' micidiali effluvj, ed insalubri vapori, i quali rendono l'aria di questo estuario non tanto sana, quanto n'era ne' tempi addietro, lodata perciò da Vitruvio e da altri Scrittori a lui coetanei".
Il progetto non fu realizzato ma secondo le ultime ricerche la superficie delle barene è diminuita ugualmente del 70% nel corso del Novecento. Vaste praterie di fanerogame aumentano la biodiversità e contrastano l'erosione che rischia di alterare la peculiarità di questo ecosistema, proteggendo un habitat sommerso di grande pregio, caratterizzato dalle tegnùe, formazioni rocciose naturali che emergono dal fondale sabbioso tipico dell'Alto Adriatico. Situate fra gli 8 e i 40 metri di profondità, devono il loro nome al fatto che trattengono le ancore e rompono le reti e gli altri attrezzi usati per la pesca a strascico.
Proprio per i danni causati, i pescatori ne conoscono l'esistenza già da lungo tempo. Furono scoperte e descritte dall'abate chioggiotto Giuseppe Olivi naturalista vissuto alla fine del Settecento, membro nel 1793 della Società italiana dei XL, autore della "Zoologia adriatica", che così le raccontava: "Tali eminenze dette volgarmente Tegnùe, conosciute e aborrite dai nostri pescatori perché attraversano il maneggio delle reti medesime, esistono dirimpetto a Maran, Caorle, ai Tre Porti, e in qualche altro sito... dal volgo sono credute residui di due antiche Città sprofondate per una impetuosa inondazione del mare".
La leggenda narra che siano i resti di città sprofondate a seguito di un formidabile maremoto: storia che ricorda da vicino le vicende dell'antica Metamaucum nei pressi di Venezia e dell'insediamento romano di Petronia, presso Caorle.
In realtà sono rocce sedimentarie clastiche, formatesi per cementazione carbonatica dei sedimenti di spiaggia (come sabbia e frammenti di conchiglie) e rocce organogene prodotte dall'azione di organismi costruttori vegetali (alghe calcaree) e animali (briozoi, serpulidi e celenterati incrostanti).
Un ambiente ricco di vita: anellidi, colonie di briozoi, poriferi e celenterati, tunicati, con un nutrito popolamento di molluschi, crostacei ed echinodermi. E pesci. L'ambiente lo conosceva bene il conte Alessandro Pericle Ninni, naturalista nato a Venezia nel 1837, che dedicò la maggior parte della vita agli studi zoologici e in particolare alla fauna veneta progettando, come Dorhn a Napoli, la realizzazione di una stazione zoologica a Venezia.Ed è proprio la biblioteca del Museo di storia naturale di Venezia che conserva gli studi di Ninni e di altri scienziati, oltre a un ricco fondo di manoscritti.
Oggi la pesca a volte selvaggia, l'accumulo di rifiuti (reti, cime, tiranti, calzature indumenti impermeabili ecc.), il turismo di massa e l'inquinamento hanno messo a rischio anche questo paesaggio fondamentale per l'ecologia del sistema marino costiero. In questi anni sono quindi nate numerose collaborazioni tra vari istituti per lo studio, la conoscenza e la tutela di questi patrimoni naturali: dal progetto Life Ghost della Regione Veneto al progetto che unisce il Museo di Storia naturale e l'Arpav. Nel 2004 il Gruppo sommozzatori di Caorle, coadiuvato dal Comune, ha ottenuto dalla Giunta Regionale del Veneto (D.M. 16/12/2004) l'istituzione di una Zona di Tutela Biologica, per l'area delle "Tegnue di Porto Falconera", una delle più estese dell'alto Adriatico, dove è vietata qualsiasi forma di pesca professionale o sportiva oltre all'ancoraggio ed alla balneazione.
NOTA BIBLIOGRAFICA
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Ernest Hemigway, Di là dal fiume e tra gli alberi, Milano, Milano, Mondadori, I meridiani, vol II, 1993
L'Acquario delle tegnùe del Museo di Storia naturale di Venezia, a cura di Luca Mizzan, Raffaella Trabucco, Venezia, Società veneziana di Scienze Naturali, 2002
Giuseppe Olivi, Zoologia adriatica dell'abate Giuseppe Olivi, Bassano, Reale Acc. Sc. Lett. Arti, 1792
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Cristoforo Tentori, Della legislazione veneziana sulla preservazione della laguna dissertazione storico-filosofico-critica del sig. abate Cristoforo Tentori, Venezia, Giuseppe Rosa, 1792
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Wolgang Luther, Kurt Fiedler, Guida della fauna marina costiera del Mediterraneo, Roma, Franco Muzzio Editore, 2012
RIFERIMENTI ARCHIVISTICI
Biblioteca del Museo di storia naturale - Venezia
Barriere coralline "alla veneziana"
A CURA DI
Maria Procino